IL MATERIALE E L'IMMAGINARIO NELLA CULTURA DEL MARCHESATO CROTONESE

U mundu n’casa

A un certo punto però anche Pirniciuni perde il suo potere attrattivo, sono gli anni 60 e sempre più spesso una parte dei primo guadagni che l’edilizia sta portando nelle case degli ex braccianti agricoli, viene destinata all’acquisto della televisione. Don Carlo e Ntoni i Mastru Linardu cominciano a riempire le loro “”Putighe”” di apparecchi televisivi, di trasformatori, di antenne, e di tavolini con le ruote e a doppio scomparto: uno per il trasformatore e quello superiore per l’apparecchio vero e proprio. L’oggetto non possedeva nessuna caratteristica particolare che lo rendesse più attraente dei prodotti artigianali locali, di gran lunga più elaborati e raffinati nella forma, tanto che non si sapeva come e dove sistemarlo, perché la sua presenza alterava l’ordine delle poche cose indispensabili, che arredavano una casa, seguendo regole d’armonia e d’equilibrio, proprie della sopravvivenza. ” ” Sempre più frequenti, nei primi tempi, cambi continui di posti, sulla […]

A telivisioni i di cumpagni

La televisione, in fondo, era un semplice oggetto della cui utilità non si era per niente consapevoli, ne tanto meno si poteva dire che fosse utile alla sopravvivenza o al miglioramento della qualità della vita, bastava, però, accenderla, per ottenere l’attenzione di tutti davanti ad immagini e a suoni, che sconvolgevano il ritmo eterno della tradizione. Niente era in confronto alle macchine, di cui si favoleggiava nei capannelli serali e nelle pause del lavoro, capaci di far lievitare a dismisura, come per miracolo, i quintali di grano prodotti all’anno, capaci di sostituire in un colpo solo la forza di svariati cavalli e imprecisate braccia umane. Eppure, quando “”i compagni”” ne comprarono una per gli iscritti, gli amici e gli altri, la vita sociale del paese cambiò in un colpo solo e con la dirompente violenza di una macchina frantuma abitudini che non aveva avuto uguali nella storia secolare del paese. […]

Ti riaguli

Era la frase con la quale, quasi sempre, “”u Zzu peppinu”” Cavarretta rispondeva a quelle persone che con l’idea di mostrarsi gentili a tutti i costi, gli rivolgevano domande che presupponevano riposte scontate o, quanto meno, abbastanza prevedibili. Che senso aveva per esempio domandargli se era stato in campagna quando lo si vedeva passare a cavallo del suo asino, in abiti da lavoro, con il basto carico di armenti e la stanchezza disegnata sul suo volto? ” ” Quale risposta non scontata poteva ricevere chi, vedendolo scaricare i barili del vino, lo interpellava con la domanda: “”Peppì… ha vindumatu?”“ E quando seduto sulla sua sedia accanto all’uscio di casa, all’angolo con piazza carrera, si ritrovava a dover rispondere a domande del tipo: Peppì… ti ripuasi?”“ Forse una persona un pò meno paziente, o un pò più maleducata, avrebbe potuto rispondere in modo più pertinente e conseguenziale: “”No!.. staiu abbaddrandu!”“…Oppure, proprio […]