Le avanguardie e lo stato di cose presenti.
[21/8/2007]
” La Politica e le Associazioni “
Nella società moderna, e in modo particolare nell’ultimo secolo, ma sostanzialmente lungo il corso della storia, almeno da quando gli uomini hanno concepito il concetto di organizzazione, si fronteggiano due mondi: il potere politico da una parte e il mondo delle associazioni dall’altro.
E’ una dicotomia non risolvibile anche se apparentemente sembra il contrario.
Il potere politico agisce per il mantenimento dello “status quo” e solo in alcuni periodi, per un miglioramento delle condizioni di vita in prospettiva futura, ma questo avviene soltanto quando, per un accidente della storia si trova ad essere guidato da menti illuminate.
Non si è mai dato il caso di cambiamenti politici profondi senza un’azione violenta dei governati, siano esse rivoluzioni, rivolte o semplici scioperi.
E’ nell’essenza stessa del potere politico la propensione alla strumentalizzazione di qualsiasi situazione utile alla propria sopravvivenza come il finanziamento della cultura e delle organizzazioni sociali, in alcuni casi anche non organiche, quando queste, con la loro azione riescano a fornirgli l’alibi del finto filantropismo o modernismo.
Al contrario, l’associazionismo, molto spesso nasce da esigenze spontanee di aggregazione su situazioni di deficienza dell’organizzazione sociale, e proprio sulla base della loro spontaneità risultano poco avvezze alla gestione del potere. Chi si organizza per per uno scopo etico non sarà disponibile a mediare sui principi etici, e qundi difficilmente riuscirà a fronteggiare un potere che sulla mediazione basa tutta la sua sopravvivenza.
Non è un caso che tutte le forme di opposizione a situazioni moralmente riprovevoli partano sempre da scintille provocate da organizzazioni socio – culturali.
In una società basata sul profitto, è letteralmente assurdo che un politico o un imprenditore economico vi rinuncino a favore di un miglioramento socio – culturale.
E quando questo avviene, non è per un improvviso ravvedimento dei poteri dominanti, ma perchè il disagio registrato dalle associazioni rischia di pregiudicare il profitto e il potere che lo tutela.
Dicevo prima, che tutto questo è sempre valido, pur con le dovute eccezioni che del resto confermano la regola: La “Nuova Frontiera” Kennedyana è finita ungo una strada di Dallas, la “Rivoluzione non violenta” in India è finita con l’assassinio di Gandi, e ancora molto più indietro, un certo “Gesù” è morto anche per aver osato chiedere di “dare a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio”.
Tutto questo ragionamento che potrebbe sembrare pessimista rispetto al mondo delle organizzazioni, è invece un tentativo positivo di riaffermare un primato che nessun potere potrà mai scalfire: quello che io chiamo il primato delle “avanguardie”.
Se il fine ultimo dell’associazionismo socio – culturale non è, come non deve essere, il “lucro”, ma il miglioramento delle condizioni culturali, morali, economiche e sociali della realtà che le circonda, allora il risultato atteso sarà ancora più positivo, quanto più si riuscirà ad incidere nella coscienza della collettività, perchè questo, e solo questo costringerà il potere economico e politico a fare un passo avanti verso i propri governati.
Ma il rovescio della medaglia stà nel fatto che il lavoro delle avanguardie è un lavoro che non prevede ricompenze immediate, molto spesso neanche in termini di riconoscenza, e questo è nell’essenza stessa delle cose:
Che avanguardia (stare d’avanti) sarebbe se questa fosse immediatamente riconoscibile?
Il risvolto più esaltante di tutto questo ragionamento sta nel riuscire a rendere la funzione di “pungolo” per qualsiasi forma di potere, una condizione esistenziale, per evitare di cadere nella condizione esistenziale di “scendiletto” dei poteri, propria di coloro che si lasciano asservire con prebende e adulazioni.