Contagio….
In effetti di un vero e proprio contagio si trattava; solo che io non potevo saperlo, non potevo nemmeno lontanamente immaginare che per il solo toccarla mi sarebbe rimasta attaccata tutta la vita. La Comet era attaccata al collo di quello strano signore con il cappello bianco e i pantaloni così colorati da sembrarmi sguaiato quasi quanto il suo modo di parlare pieno di vocaboli incomprensibili inseriti in un tentativo mal riuscito di dialetto e di italiano che nemmeno i più asini della mia classe… E continuava a ripetermi: Babi, i bbó i dollár, pigghjiatilli i dollár, babi! La donna che gli stava accanto continuava a lisciarmi i boccoli sopra la testa e mi faceva segno di prenderli, i dollár, ma io avevo occhi e pensieri solo per lei: La Comet! Mio nonno mi raccontava di queste piccole macchine fotografiche che aveva visto al collo dei giornalisti in Albania e nella campagna di Grecia ma io non avevo mai pensato fossero così piccole. Poi finalmente si rese conto del vero interesse che il babi provava e allora fece la cosa che più mi poteva dare piacere: Si tolse dal collo la macchina, me la mise tra le mani e girandomi dietro mi aiutò a metterla bene davanti agli occhi, poi mi mise il dito sul tondino dell’otturatore e con una mossa decisa premette il suo dito sul mio facendo scattare il meccanismo…. non so che cosa ho fotografato, non so nemmeno se sia mai stata stampata quella foto….ma so che da quel momento non ho mai più messo di guardare il mondo attraverso il mirino di una macchina fotografica….guardare, appunto… e solo per caso, fotografare!