L’ascensore
Sono arrivato al settantesimo piano di questo palazzo e, se penso a tutte le volte che questo ascensore sgangherato, sul quale mi trovo senza sapere perché, sembrava volersi fermare, mi chiedo come ho fatto ad arrivarci. Non so nemmeno di quanti piani è fatto questo palazzo e nemmeno perché ci sono salito, so solo che non posso premere i bottoni dei piani e non posso decidere dove fermarmi.
Quando sono salito l’ascensore era già pieno di persone che non sapevano dirmi dove portava ne perché ci erano salite ma alcune di loro sembravano già conoscermi perché mi hanno subito chiamato per nome. Alcune di queste sono scese prima e altre ne sono entrate e con molte di queste ho condiviso per più piani, gioie e dolori. Con alcune di loro ho instaurato legami profondi di affetto, stima amicizia e verso altri ho provato un sentimento che su questo sgangherato veicolo tutti chiamano amore. E questo mi ha aiutato a superare momenti che e circostanze che altrimenti, forse, mi avrebbero fatto scendere molto prima.
La cosa che mi rimane ancora impressa di tutte queste persone che mi hanno fatto e, tuttora mi stanno facendo compagnia in questo viaggio, è che tutte vogliono sapere a quale piano scenderanno e cosa vi troveranno, e nessuno invece si chiede perché è dovuta salire sull’ascensore. Nessuno di loro si pone domande sul senso del viaggio solo perché ha paura di scoprire che forse, per quando assurdo possa sembrare, non deve per forza esistere una risposta. L’altra cosa comica che è talmente stupida da rasentare la tragedia, e che tutte le persone qui sopra si definiscono umanità che, a quanto sembra sembra derivi dal fatto che noi saremmo uomini. Ma, ancora una volta, per quanto io abbia sempre domandato, nessuno ha saputo dirmi perché ci chiamiamo uomini.
Arrivato al settantesimo piano scopro però di non sentire più il peso di queste domande. Sento che la mente, con la sua leggerezza, prende il sopravvento del corpo e la memoria riempie il vuoto dell’angoscia. Il ricordo di tutti coloro che ho avuto la fortuna di avere come compagni di viaggio, più o meno occasionali, tutti, nessuno escluso, diventa una fonte di benessere e serenità. E i desideri e le bramosie del corpo lasciano il posto al dolce ricordo dei doni meravigliosi che, su questo ascensore, i miei compagni di viaggio hanno avuto la compiacenza di riservarmi. A questo punto non mi interessa più conoscere il piano al quale dovrò scendere ne mi da più angoscia il doverlo fare perché ho capito quello che altri prima di me avevano già capito: l’essenza del viaggio non è nella destinazione ma nel viaggio stesso.
E sempre allegri bisogna stare
Che il nostro piangere fa male al re
Fa male al ricco e al cardinale
Diventan tristi se noi piangiam
Ah beh