IL MATERIALE E L'IMMAGINARIO NELLA CULTURA DEL MARCHESATO CROTONESE

‘Girantuani’ (altrimenti detto: Ciccilluzu i Pulicastru)

Condividi

La sua semplice vita di vagabondo buono potrebbe assomigliare a tante altre.
Anche la sua storia di girovago senza mete potrebbe essere uguale a tante altre, magari a qualcuna finita miseramente nell’indifferenza più assoluta.
Clown campestre, maschera dal sorriso snaturato e sofferto, soleva irrompere fra i “fuochi in festa”, dei numerosi gitanti della Domenica, chiedendo sempre le stesse, semplici cose:
“ha tìani ‘ ncuna cosa?!” , “ ma dù na sigaretta?!”,
magari in cambio di qualche sua goffa e nota performance, che a volte si concludeva, con certe poco nobili “premure” dei gitanti. Personaggio stravagante e misterioso aveva pervaso la sua semplice vita dell’unico valore che conosceva: quello di andare, in assoluta libertà, per le strade del suo mondo, fatto di fiere, pic-nic, feste patronali della provincia.
Un mondo fatto anche di qualche frase scontata, qualche incomprensibile canto, e certe goffe ballate dai passaggi spesso malinconici e penosi. “Girantùani”, o “Cicciu u pulicastrise” , questi, ed altri, i soprannomi con cui era conosciuto nella provincia, il personaggio dalla povera e semplice storia, che si proietta nel dovere di cronaca per l’ingeneroso e crudele tramonto che la sorte gli ha riservato .
Escluso la sua natura di straordinario, ed infaticabile, marciatore, con indosso il suo inseparabile “cappotto di tutte le stagioni”, che lo ha reso un po’ maschera popolare, il resto della semplice storia di Girantùani, in verità, potrebbe essere, se non banale, uguale a tante altre. Però il diritto non goduto, di questo popolare personaggio, di poter concludere il suo cammino di vita sulla strada, proprio là, dove l’aveva iniziato, rende l’ingeneroso finale della sua vita degno di qualche commento scritto, magari tentando di farlo passare timidamente fra le storie più importanti o interessanti che scorrono quotidianamente fra le pagine dei giornali.
La sua semplice memoria, destinata come tante altre, ad avviarsi miseramente verso la naturale amnesia popolare, diviene inaspettatamente interessante dopo averlo casualmente riconosciuto, in una casa di riposo di Cotronei, in mezzo a tanti suoi compagni di riposo dagli occhi lucidi e penetranti, pronti a manifestare attrazione e curiosità verso l’estraneo di turno

Lui, Girantuani, la cui storia è assai diversa da tutte quelle che lo circondano, anche lui, come tutti gli altri, subito riversa sull’estraneo del momento, chiunque esso sia, un’estemporanea ondata di sentimenti di amicizia, simpatia e affetto. Tutti, senza indugio, chiedono del proprio paese, di parenti, amici, conoscenti, o, addirittura, delle propria “ruga”. Qualcuno si avvicina, ti riconosce davvero, e non perde tempo a ricordarti qualche episodio vissuto in comune. Altri, sconosciuti, si avvicinano con l’incontenibile desiderio di presentarsi ostentando un sorriso spontaneo e contagioso. Pochi, probabilmente rapiti da un passato fitto di traversie fisiche e morali, di ricordi piacevoli, rimorsi, o quant’altro la vita può riservare, rimangono indifferenti e distaccati; verosimilmente quest’ultimi non si accorgono neanche del grande patrimonio di professionalità e amore che quotidianamente viene offerto loro dal personale della casa di riposo.
Dalle colline di Cotronei, l’ampia veranda con vista su gran parte del crotonese, mitiga , in parte, le inevitabili cadute di umore degli ospiti, tutti con la gioventù alle spalle. Tuttavia ognuno ha il suo posto d’osservazione. La maggioranza di loro, ogni tanto, lancia un vago sguardo in direzione del paese di provenienza. Non è raro assistere alla “difesa” del proprio angolo mentre ostentano il bambino che c’è in ognuno di loro.
Tutti, comunque, sentono l’intimo desiderio di poter rivelare, non solo la storia della propria vita, ma anche la ragione, non prevista , o quantomeno troppo sollecita, della loro presenza nella casa di riposo. In molti la lucida facoltà di senno ti commuove e ti coinvolge, facendoti desiderare un lasso di tempo per poter concedere agli incalzanti sentimenti, di solidarietà, il loro corso naturale. Storie diverse, storie interessanti, storie forse semplici, ma che , presumibilmente , mai nessuno raccoglierà.
In mezzo a tante storie personali c’è quella di Girantuani . Migratore instancabile che sicuramente in molti avranno visto almeno una volta sulle strade della nostra zona. Anche lui su quella veranda, evidentemente molto stretta per la sua indole di marciatore infaticabile, ha il suo posto. Un posto a sedere distinto e beffardo:
una sedia con le ruote.
Sara, dinamica animatrice della casa di riposo ci conduce da lui. E’ quasi impossibile riconoscere in quell’uomo indebolito dall’ozio e dall’ immobilità quel Girantùani atletico, postulante, icona e maschera per eccellenza della libertà senza alcun limite, concessa solo a chi, come lui, può praticare una spontanea gioia di vivere senza costi, senza amici, nella più assoluta innocenza. Di quel tipico sorriso patito, che caratterizzava il suo volto quando pronunciava la tipica frase “ ma dù na sigaretta”, è rimasta qualche labile traccia, che a fatica ti riporta alla memoria la figura di quell’uomo di strada figlio della libertà, sempre in giro, giorno e notte , che divertiva la gente con i suoi pochi e poveri numeri.
Riportarlo alla memoria di quanti l’hanno conosciuto potrà rinverdire ricordi di momenti in festa e pause divertenti, ma, proprio per tutto ciò, è sembrato doveroso ricordare anche la sua vita sempre in cammino conclusasi malinconicamente su una sedia con le ruote. Sarebbe esagerato parlare di valori, di sentimenti, di ideali, riferendoci a “Cicciu u pulicastrise” o “Girasolo”, come viene soprannominato in un testo inedito che parla di libertà beffate, ma questo vagabondo buono, dal patrimonio sentimentale completamente privo di ogni risorsa, dalle indecifrabili, misteriose, e spesso banali ambizioni, ha, in qualche modo, scosso i sentimenti di compassione del cronista che ha voluto portare alla memoria, la sua storia di vita beffata e dimenticata, in quanto simbolo di una sofferenza diffusa che spietatamente attende quanti nell’età più ricca di saggezza e nobili sentimenti, rimangono soli. Il posto di Girasolo, su quella veranda con vista sui ricordi, è itinerante.
Lui, girovago senza meta, padrone e pratico conoscitore di tutte le strade della provincia, e non solo, volge indefinitamente gli occhi patetici sulle immaginifiche strade calcate dalle sue scarpe bucate, dal cappotto di tutte le stagioni e dalle immancabili buste di plastica stracolme di donazioni di ogni genere, la cui destinazione ultima è sempre stata un mistero. Adesso per Girasolo non più letti di cartone , come quando la notte lo sorprendeva ancora in giro, ma letti di panno da cui spesso pendono bottiglie capovolte. La sua sedia, spinta da un “cappotto bianco”, spesso è portata davanti ad una grande vetrata da dove attraverso i vetri, questo triste e noto personaggio dagli occhi lucidi, trova lo spazio per un percorso di liberta fra monti, strade e fuochi in festa, soltanto immaginari.
Ma i ricordi ed i sospiri velano il vetro che lo separa dalle innumerevoli primavere di libertà, ma lui “ride”.

Di Masino Medaglia