Il simbolo di San Mauro
La civiltà di un popolo si vede da come conserva i segni della propria storia.
Non ricordo chi ha scritto che la civiltà di un popolo si vede da come conserva, valorizza, e promuove i segni della propria storia. Se questa frase ha un fondamento di verità, il popolo di San Mauro allora è sicuramente agli ultimi gradini di questa scala di valori. Basta guardare le condizioni in cui viene tenuto il simbolo di questa comunità: il campanile dell’Immacolata.
Molte sono le fotografie che lo mostrano imponente sopra i tetti di San Mauro come a significare la forza e la tenacia di un popolo che non si rassegna alle avversità. Dall’esterno, e a una osservazione superficiale, questa convinzione può certamente essere motivata. I problemi iniziano quando si prova a osservare con più attenzione, da vicino, e magari dal di dentro, lo stato di salute di questo simbolo. Sono salito in questi giorni su per la scala a chiocciola che per tanti anni tutti i ragazzi degli anni 50 hanno percorso: quando i meccanismi elettrici non erano ancora a portata di mano, l’incombenza di suonare le campane era ancora destinata ai bambini e questi la vivevano quasi come un premio se non come un onore.
Vedere il proprio paese dall’alto, non era una consuetudine per ragazzi abitanti di baracche o al massimo di pianoterra con lastrico di cemento. Non vi nascondo che la motivazione era anche adesso la stessa: fotografare le viste magnifiche che si godono da quegli archi centenari. Ma già all’apertura della porticina arrugginita dalla quale si accede ai primi gradini, la poesia svanisce e lascia spazio a un sentimento di sconforto e di rabbia per quello che gli occhi sono costretti a vedere.
A dispetto dell’imponenza e dell’idea di forza che l’esterno trasmette, la sensazione di un rudere abbandonato e maltrattato ti assale alla vista delle crepe e dei crolli che si susseguono ad ogni gradino di quella che in tempi remoti doveva sicuramente essere una meraviglia architettonica. La sensazione di paura ti assale ad ogni passo e non riesce ad essere compensata dall’emozione che si prova alla vista dei quattro angoli del paese che si gode da quassù.
E allora, forse con un po di retorica, ti viene in mente la rappresentazione di quel figlio degenere che si industria, con un cipiglio che ha del masochistico, per dilapidare il patrimonio che i suoi genitori gli hanno accumulato al prezzo di sacrifici immensi e per certi versi insopportabili. Ti viene in mente che se una meraviglia architettonica come questa si trova a San Mauro, non può essere per caso, e può significare soltanto che in altri tempi questo popolo ha saputo meritarsela.
Noi, con una ignavia degna dei gironi danteschi, non abbiamo fatto niente per averla, e non stiamo facendo niente per tramandarla a coloro che verranno dopo di noi. Speriamo di non essere ricordati nella storia futura come coloro che sono vissuti al tempo del crollo.