IL MATERIALE E L'IMMAGINARIO NELLA CULTURA DEL MARCHESATO CROTONESE

A vineddra

Ancora una delle foto “Antropologiche”. Una di quelle foto dove forse è più evidente la caratteristica fondamentale delle comunità rurali dove lo spirito di gruppo era il motore della sopravvivenza. “A vineddra” non era soltanto l’indirizzo postale ma il crogiolo di una serie di rapporti che travalicando quelli familiari si intersecavano sul tracciato del bisogno e della solidarietà. Non avevi bisogno di congelare niente delle piccole cose necessarie per cucinare: Quello che non avevi in casa lo aveva sicuramente “a cummari Peppina” e se avevi finito l’olio per quel giorno “Anciuluzza facìa nu sacrificiu” . Certo non era tutto rose e fiori; l’agiografia del ci volevamo tutti un mondo di bene può servire a scrivere romanzi o nei ricordi di Facebocco ma non per ricostruire la storia sociale di un paese. Gli attriti però erano ben nascosti dietro il paravento del rispetto e delle necessità imposte da un’economia di sussistenza […]

A cìpia i du “Scifu”

C’è stato un tempo in cui la storia a San Mauro sembrava essersi fermata…mentre in altre parti del mondo si vendevano figoriferi, lavatrici e televisori, a San Mauro era ancora di moda “a vucata” che affondava le radici nella preistoria della civiltá contadina. Condizione essenziale per questa usanza obbligatoria e necessaria era la “cìpia” e tutto il contorno che questa presupponeva: un prato intorno per stendere la biancheria, una “caseddra” dove rifugiarsi e riparare la biancheria in caso di acquazzoni improvvisi, uno spiazzo o un camino dove far bollire “a quadara” e soprattutto l’essere vicina al paese per poter trasportare la biancheria sulla testa e sulle spalle se non si avevano animali a disposizione. “U Scìfu”, “Massu”, “Mastru Firranti”, “l’acqua i Bartulu” e altre fonti minori erano le lavanderie pubbliche-private della comunità Sammaurese. Solo chi ha partecipato almeno una volta al rito della “vucata”, come semplice spettatori (i ragazzini) o […]

Fenomenologia dell’immagine

Chiamo fenomenologia dell’immagine quella situazione in cui un oggetto ben definito come una fotografia evoca sensazioni, emozioni, stati d’animo e reazioni che vanno al di la delle condizioni materiali dell’oggetto. Una fotografia è tale per tutte le persone che vivono la civiltà dellimmagine ma ognuna di esse ha una relazione diversa con la scena che questa rappresenta, e quel che più conta, nessuna di queste relazioni potrà mai essere clonata. Il rapporto individuale con l’immagine è esclusivo, originale e non riproducibile. L’immagine sopra può essere emblematica a questo riguardo: le persone rappresentate sono per molti della mia età abbastanza note, Don Peppino, Carmelino Lucia, Pierino Ierardi, Raffaele Iuliano con la sigaretta in bocca, due persone che sono ben impresse nella mia memoria, un marito e una moglie e alcuni bambini che ricordo come se fosse ieri ma un po più  grandi nella mia mente. L’unico che a me non dice niente […]