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Laboratorio Marchesato

” Dino Vitale “

Publico qui integralmente la recensione del libro di Dino Vitale, Scrittore Sammaurese, fatta dall Isp. scolastico Rosario Bevilacqua, perchè ritengo non ci possa essere di meglio per dare conto di quest’ultima sua fatica letteraria.

Due famiglie un solo romanzo

L’autore si aggira con destrezza narrativa in un mondo che a noi sembra immaginario, mentre è reale in ogni sua forma e contenuto. Lo scenario prescelto sono due centri urbani della Sibaritide, Pietrasanta e Frattina, poco distanti l’una dall’altra. Sono i paesi dei Cori e dei Tagghiati, che in termini tradizionali significavano cuori e sfregiati. Due figure diverse e contrapposte ma con finalità in qualche modo coincidenti. I Cori sono i benefattori per antonomasia, amati ed eletti dal popolo, in omaggio alla loro bontà. I Tagghiati sono coloro che agiscono in difesa dei deboli contro gli sfruttatori, gli insolenti.
Lo sfregio, più che essere indice di violenza, è simbolo di coraggio, di capacità nell’opporsi in difesa dell’onorabilità propria ed altrui. In questo contesto, nel tempo in cui l’asino ancora rappresentava il mezzo di trasporto più diffuso, si esprime la pietà di Cori Francesco, il quale è impegnato nell’aiutare il nipote Angelo, avvocato, a superare la grave malattia che lo affligge. E’ praticamente dominato da schizofrenia diffusa, per cui le sue giornate non sono mai tranquille e la sua personalità è inesorabilmente piegata e dominata dal male. La campagna del nonno è a Fratti, dove si trasferisce Angelo. Sollecitato dal nonno e dagli amici. Più che ai farmaci si affida alle escursioni quotidiane. Assalta i pendii pietrosi, le discese frastagliate, assapora il profumo dei funghi, la durezza dei sentieri erbosi, le spericolate discese a valle. Si ritrova felice, sostenuto dalle continue tenerezze del nonno e degli amici, tra i quali Salvatore u tagghiatu (lo sfregiato). Torna, così, alla sua Pietrasanta. Pensa di aver superato la crisi di identità, l’umiliazione di non poter esercitare la sua professione.
Purtroppo, è solo un’illusione passeggera, perché tutto ricomincia, con sintomi più gravi che nel passato. Sono inutili gli interventi dei medici, l’amore sacrificale della fidanzata, la bella Brunella, la costante disponibilità di Cori Francesco, del padre, della madre, degli amici di famiglia. Diventa lo zimbello dei cattivi, il distratto che i giovinastri del paese prendono ad oggetto delle loro bravate. Muoiono di dolore il padre e la madre, ed è in questa fase di disperazione che interviene u tagghiatu e uccide il proprio figlio per salvare l’onore della famiglia, in quanto nei confronti di Angelo aveva dimostrato incomprensione e crudeltà.
Cori Francesco assiste al succedersi degli avvenimenti amareggiato, impotente. Non vede davanti a lui alcuna possibilità risolutiva. Addirittura in un primo tempo viene arrestato per l’omicidio commesso da Salvatore lo sfregiato. Muore anche lui. Il suo grande cuore si spezza, non resiste alla pena di non potere avere un successore. Angelo rappresentava la sua unica speranza perché la tradizione non venisse definitivamente annullata.
A questo punto il tempo risale la china. Più che le cure sono le disgrazie a scuotere il torpore mentale di Angelo. Comincia a capire. Soffre ai piedi della tomba della madre. Sogna i momenti magici della carità del nonno Cori Francesco. Gli vengono consegnate le lettere della sua Brunella, anch’essa morta per un male incurabile. Entra nella comunità che lo elegge Cori Angelo.
Una trama, come si vede, complessa, ma nel suo evolversi leggera, solo che non è in essa la validità dell’impegno intellettuale di Dino Vitale. E’ nella bellezza crescente delle descrizioni. Ne accenno solo qualcuna: “…davanti al suo sguardo si stendeva un velo di luce. Un venticello a regime di brezza ballava con le gambe dei propri angeli… Pinete immense, silenziose. Pianure rilassanti. Laghi come specchi azzurri. Strade che filano diritte e ti portano fino al punto dove si saldano con quelle che scendono dal cielo, dilaganti di luce…”. Ad un piccolo fungo, dice Angelo chiedendo perdono, inginocchiato in preghiera: “Lo sai chi sei tu? Sei il dito più piccolo della mano destra di Gesù Bambino…”.
Alla fine rimane la nostalgia dei Cori. Non lo sapevo, ora lo so e vorrei tanto vederli ritornare. Ne abbiamo bisogno.