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Laboratorio Marchesato

” La sagra del cinghiale “

Come ci si diverte con poco

Un sabato movimentato quello di ieri a San Mauro Marchesato. In un finire dell’estate che si trascina stancamente tra un sole a picco e la monotonia dei paesi in via di spopolamento, i cacciatori della locale sezione hanno cercato di rianimarci stuzzicandoci la vista, l’udito e le narici con la sagra del cinghiale e le iniziative connesse.
Tutto è iniziato al mattino presto, quando i cacciatori si sono ritrovati in contrada Lenze per sfidarsi in una gara di tiro al faggiano. Un momento questo molto elitario, destinato, come ovvio, solo a coloro che amano questo sport e hanno la competenza e le attrezzature per svolgerlo.
La parte più pubblica si è svolta dalle 15.00 in poi quando tutta l’organizzazione, dividendosi ordinatamente i compiti, ha dato vita, in spazi contigui, (Ponte Ciccione e l’Oratorio) alla mostra canina e alla preparazione dei cibi della sagra vera e propria. Coì mentre da una parte si assisteva alla sfilata e alla premiazione del più bel esemplare di cane da caccia, dall’altra, nell’aria cominciava a diffondersi un profumo di “frissurata” che avrebbe fatto venire fame anche a un moribondo.
La sera alle otto, tutti a mangiare:
antipasto di olive e formaggio locale;
covatelli al sugo di cinghiale
cinghiale in “frissurata”
Il tutto condito da un buon bicchiere di vino e bibite varie per i ragazzi e le signore.
Se a tutto questo ci aggiungiamo la musica delle fisarmoniche e delle chitarre che accompagnavano la voce di improvvisati cantanti locali, allora si può capire come siano rimasti soddisfatti i partecipanti.
Una riflessione personale:
Io mi sono divertito moltissimo e anche la mia pancia è rimasta più che soddisfatta; non sarà che la mia regressione culturale ha percaso raggiunto il massimo?
Dico questo perchè mi hanno riferito un discorso che mi ha fatto restare di stucco.
In sostanza, difronte a una richiesta di finanziamento per la sagra, un operatore economico importante del nostro territorio, si sarebbe rifiutato adducendo come scusa il fatto che la propria azienda era usa finanziare solo grandi eventi culturali con grande spessore intellettuale.
Allora io ho pensato:
Se sono rimasto soddisfatto, vuol dire che non sono ne una persona di cultura e nemmeno minimamente intellettuale.
Preso dallo sconforto per l’improvvisa rivelazione, mi sono rivolto a Nardo per un bicchiere di vino con il quale annegare la disperazione.
E’ stato allora che ho realizzato nitidamente la situazione:
Forse è meglio lasciare “l’alta cultura” ai “presidenti di banca” e a qualche politico della “casta” e noi tenerci invece a “frissurata e ri cuvatiaddri”.
E se qualcuno ritenesse troppo oscura questa riflessione, tenga presente che “Pinu a capitu”.