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Laboratorio Marchesato

[11/3/2007]

” Calabria altrove “Storie, emozioni, sogni e ricordi di emigrati di tre generazioni

Ho appena finito di leggere il volume di Assunata Scorpiniti “Calabria altrove” la cui copertina vedete riprodotta nella locandina a sinistra.
Lo avevo comprato un pò prevenuto: di agiografia sull’emigrazione italiana ne avevo abbastanza e speravo quindi di spendere quei soldi, (12 €), solo per rimpinguare la mia documentazione sull’argomento, da utilizzare a scuola con i ragazzi di quinta, o per prenderne alcuni spunti nell’ambito di una serie di articoli che avevo deciso di pubblicare su Laboratorio.
Mi sono invece ritrovato a leggerlo tutto d’un fiato, e con la sensazione che una sola lettura non basterà per poter assaporare quell’intima soddisfazione che si prova quando si legge qualcosa che ti avvince.
Forse perchè questo è uno di quei pochi casi in cui l’emigrazione non viene raccontata per interposta persona, ma dai protagonisti stessi, con quel linguaggio asciutto e senza fronzoli dei nostri contadini, braccianti, pescatori, artigiani.
La Scorpiniti è riuscita a scrivere un libro senza tentare di emergere: le sue considerazioni si limitano all’essenziale. Il suo è un lavoro a monte, nella ricerca dei protagonisti, nella regia degli interventi e come il regista che non appare mai in palcoscenico, lei riesce a parlare attraverso i suoi attori utilizzati da neorealistici personaggi della strada, con la loro carica di umanità ma anche con la loro naturale semplicità.
Non è l’eroismo che emerge in queste pagine, non è “la conquista del west” dei Calabresi, ma la loro storia minima, fatta anche di atti di eroismo, ma soprattutto di vita quotidiana, di aspirazioni semplici, di pensieri elementari, di considerazioni schive sui loro risultati.
Tutti i personaggi di questo libro sono coscienti di aver fatto qualcosa di grande per loro stssi e le loro famiglie ed è di questo che vanno orgogliosi; si esaltano al pensiero del ruolo di “pionieri” che, anche senza volerlo, hanno assunto, ma non lo fanno con il cipiglio di chi pretende per questo riconoscenza: fare il proprio dovere, lavorare per vivere e aiutare gli altri, sacrificarsi per la famiglia e per gli amici, sopravvivere anche difronte all’ignoto, era, per i Calabresi del secolo scorso e dei secoli precedenti un dovere prima di tutto, e solo accidentalmente, un merito.
La scrittrice li lascia liberi di raccontarsi, di spiegare, attraverso il libro come megafono di fortuna, quello che erano, quello che sono, quello che avrebbero voluto essere, quello che non sono riusciti a realizzare. E’, per me, la forza di questo libro: l’emigrazione raccontata dagli emigranti. Non a coloro che sono rimasti, che a loro l’hanno raccontata centinaia di volte, ma a quelle nuove generazioni che, specialmente i Calabria, sembrano volerla rimuovere come qualcosa da celebrare ma da non prendere a modello.
I continui riferimenti che gli emigranti di Cariati fanno ai nuovi migranti, il rispetto che ci invitano ad avere per questi nuovi “terroni” del mondo è la migliore lezione sui nuovi razzismi che si possono dare ai nostri ragazzi e a quanti si voltano dall’altra parte quando incontrano un Albanese.
Adottare un libro come questo nelle nostre scuole, servirebbe molto di più di tanti altri, pieni di astruse teorie sociali, a formare quella comprenzione della diversità così necessaria nel mondo della globalizzazione.
Ma al fondo di tutto questo c’è, almeno per quanto mi riguarda, il merito principale di Assunta Scorpiniti: quello di essere riuscita a far raccontare le loro storie a gente tradizionalmente schiva che da sempre è abituata a raccontarsi solo nella ristretta cerchia del proprio nucleo familiare, o tra gli amici in piazza. Solo una persona che riesce ad entrare in intimità con queste persone, che riesce a parlare e comportarsi tilizzando la stessa lunghezza d’onda, può riuscire a far questo. E questo significa anche, riuscire ad utilizzare gli strumenti della tradizione orale che non saranno più utili per il giornalismo gridato e multimediale (sic!) ma riescono ancora ad emozionare e ad emozionarci.

13/6/2007]