IL MATERIALE E L'IMMAGINARIO NELLA CULTURA DEL MARCHESATO CROTONESE

Rettangoli di memoria – Il libro

LAVORO

Il lavoro entra nel discorso fotografico del nostro paese solo marginalmente e mai con intento veramente documentaristico. Nella maggior parte di casi si tratta di immagini dedicate alla persona, con poco interesse al contesto in cui questa si muove in quel momento. Ancora oggi non esiste nella nostra zona la convinzione che sia importante registrare le fasi di un’attività in quanto tale senza nessun fine ritrattistico, ma del resto la stessa fotografia di situazioni che non comprendano interessi diretti del fotografo, viene considerata come attività inutile se non addirittura poco razionale.

Se lo è oggi, figuriamoci ieri.

E allora è normale ritrovarci senza nessuna documentazione fotografica di arti e mestieri orinai completamente scomparsi.

Non è rimasto niente del “seggiaru”; “vuttaru”; “quadararu”; “custuriari”; “carbunaru”; “mastradasciu”; “sportaru” “ombrellaru”; “spingularu”; “putigaru”; “furnara”; “mulinaru”; “bandista”; “trappitaru”; “gtimbularu”; “capiddraru”; “zzinzularu”; “mbastaru”; “grastaturu”; “metallaru”. Quasi niente è rimasto dei lavori in campagna e degli usi e consuetudini ad essi legati. Di tutto questo ci rimangono solo i racconti dei pochi anziani rimasti e le atmosfere; gli odori respirati da bambini. Sono purtroppo atmosfere non più riproducibili; sono odori e suoni destinati a rimanere nelle nostre narici ed orecchie senza nessuna possibilità di farli sentire alle nuove generazioni. Gli stessi manufatti di queste professioni tendono ad essere sommersi da oggetti molto più attraenti e comodi e così anche le più piccole tracce della nostra civiltà tendono inesorabilmente a scomparire. Questo è il modo più stupido per sparire dalla storia.