IL MATERIALE E L'IMMAGINARIO NELLA CULTURA DEL MARCHESATO CROTONESE

Rettangoli di memoria – Il libro

FARE FOTOGRAFIA

Le conclusioni di questo volume non ci sono perché non c’è niente da concludere in un discorso appena iniziato. Se mai ci sarebbe da dare appuntamento a tutti coloro che stimolati dalla visione delle immagini in esso contenute decideranno di continuare il lavoro di ricerca impostato completandolo e arricchendolo di nuovi contenuti.

Ci sono però una serie di considerazioni rivolte a tutti coloro che vorrebbero dedicarsi alla fotografia ma pensano di non esserci portati oppure di non averne la predisposizione; a tutti quelli che pensano che le belle foto dei giornali e delle riviste siano il frutto di chi sa quale innata genialità: in alcuni casi c’è anche questo ma; per fortuna di noi comuni mortali; le belle immagini possono essere prodotte anche senza essere geni.

La fotografia in se non è che un pezzo di carta sensibile con sopra una rappresentazione molto parziale della realtà e proprio per questa sua parzialità quasi sempre poco obiettiva. Questa considerazione elementare; è in buona sostanza il succo della maggiore contraddizione che questa arte si porta appresso: dovrebbe rappresentare oggettivamente una realtà che la cultura; lo stato d’animo; lo stato di salute e perfino il carattere delle persone; rendono per forza di cose soggettiva.

L’immagine allora diventa un mezzo per misurare la vista delle persone; non in termini di presbiopia o miopia; quanto in termini di diversa sensibilità; di diversa capacità di vedere oltre le semplici forme in essa rappresentata.

In questo senso quindi ogni fotografia diventa una tessera di un mosaico storico la cui forma complessiva è già presente nella mente di ognuno e che proprio perché trae origine dal vissuto personale non può e non potrà mai essere uguale a quella di un altro; proprio perché nessuno su questa terra è uguale ad un altro.

Il vero protagonista della fotografia che non è mai il personaggio o l’oggetto ritratto ma; da una parte; colui che usa la macchina che; per quanto sofisticata possa essere; rimane pur sempre un arido strumento senza nessuna sembianza di intelligenza; e dall’altra; colui che osserva il risultato della simbiosi macchina ‑ fotografo.

L’oggetto o la persona ritratta rappresenta la creta plasmata dallo sguardo del fotografo utilizzando un linguaggio di colori; di forme e di luci che gli occhi dell’osservatore potranno più o meno decodificare. Non tutti produrranno opere da esporre nei musei di arte moderna; ma con adeguata predisposizione d’animo e sana motivazione a comprendere; tutti possono trovare in quell’inquadratura o in quel “rettangolo di carta ” un messaggio; un’emozione; uno stimolo; un’atmosfera da comunicare o da decifrare.