IL MATERIALE E L'IMMAGINARIO NELLA CULTURA DEL MARCHESATO CROTONESE

Rettangoli di memoria – Il libro

LA FOTO COME DOCUMENTO

L’uso che qui si fa della fotografia, va al di al della semplice raccolta di immagini del mondo contadino meridionale, cercando di sperimentare un metodo di analisi che si orienta decisamente in direzione della documentazione attraverso la rappresentazione fotografica più che verso il semplice godimento estetico dell’immagine stessa.

Uno degli obbiettivi potrebbe essere quindi quello di socializzare questo tipo di fonti e i possibili linguaggi da utilizzare per decodificarle. L’immagine come documento di un contesto storico, economico, sociale e culturale non deve essere necessariamente bella secondo i diversi canoni estetici o professionali: una fotografia dell’inizio del secolo, che in un solo spezzone del totale, lasciasse intravedere un contesto del nostro paese, non più ricavabile da nessuna documentazione possibile, avrebbe un’importanza, per il ricercatore, e non solo per lui, che trascende tutte le considerazioni possibili sull’oggetto fotografia.

Ogni fotografia di questo libro, al di la dei personaggi presenti, vuole avere la funzione di documentare alcuni aspetti, molto spesso considerati dalla storiografia ufficiale come marginali, ma di importanza fondamentale sotto il profilo più squisitamente etnografico e sociale. Si è voluto restituire alla collettività la propria memoria visiva facendo assumere all’immagine la funzione di documento e fornendo ai suoi supporti il valore di bene culturale da salvaguardare e da fruire pubblicamente.

E’ una possibilità questa di cui solo le generazioni di questo secolo hanno potuto disporre e della cui importanza non sempre riusciamo a renderci consapevoli. Solo se riflettiamo per un attimo sul fatto che nessuna traccia è rimasta nelle immagini, degli altri, dei poveri, di quelli che nascevano e morivano contadini, di come si comportavano, di come vivevano, di come erano, allora ne cominceremo ad afferrare il senso vero: il poter lasciare agli altri un racconto non più mediato da debolezze o enfasi umane, ma da un oggetto, interpretabile quanto si vuole, ma sicuramente non frutto di sola immaginazione.

E allora accanto alla macchina fotografica emerge come strumento straordinario di indagine, l’album fotografico, più o meno ordinato, ormai presente nelle nostre case, o meglio ancora, i vecchi cassetti dove le nostre nonne tenevano le rare foto dei propri parenti: un blocco appunti in cui ognuno di noi invece di esprimersi per parole si esprime per immagini e attraverso queste, racconta i momenti più o meno importanti della propria esistenza. Socializzare tutto questo significa assegnare alla fotografia un ruolo che travalica la volontà stessa dell’autore, per assumere la funzione di testimone, nel tempo, di una condizione, banale o particolare che sia.

Queste in linee generali gli intendimenti del volume che proprio per le considerazioni iniziali non vogliono essere esaustive dell’argomento anche perché non basterebbero interi tomi espressamente ad esso dedicati e del resto già più autorevolmente pubblicati.