IL MATERIALE E L'IMMAGINARIO NELLA CULTURA DEL MARCHESATO CROTONESE

Cchi d’è ru ballottaggiu?

Catirì! Vida ca ija niasciu! A ra jiazza cci su i comizii ppi ru ballottaggiu e ppi ru referendum! – Ohi Giggì, e cchi d’è ru ballottaggiu? Giginu Coraisima rimaneva sempre impasamato di fronte alla disarmante ignoranza della moglie, anche se nel corso degli anni questa si era sempre palesata nonostante i suoi tentativi certosini di farle capire i rudimenti di quella che lui considerava l’arte della politica. Non si era mai capacitato di tanta ottusità nella mente di una donna che per altri versi si era dimostrata più intelligente e pragmatica di lui. A questa deficienza della moglie, del resto, lui faceva risalire l’inizio delle sue sfortune politiche dato che è notorio, accanto ad un grande uomo c’è sempre una grande donna! Ecco, a lui era venuta a mancare proprio la grande donna, ed era per questo che nonostante i suoi trascorsi di militanza rivoluzionaria non era mai riuscito […]

Il mondo alla rovescia

Una volta, e nemmeno tanto tempo fa, al mio paese, si ragionava in modo molto elementare senza arzigolare troppo sulle “antropologie biochimiche dei significati”. Per dire: Un ladro era un ladro, quale che fosse l’oggetto del furto. Tanto per intenderci meglio, per ricevere l’ambito titolo bastava rubare una gallina o un po di frutta dagli alberi. Sono da antologia i racconti dei vecchi contadini che per paura di beccarsi una condanna per falsa testimonianza, evitavano in tutti i modi di presentarsi alle cause in tribunale. Sono da spettacolo comico moderno le considerazioni che gli stessi facevano al passaggio di un condannato per furto di legna. Poi i tempi sono cambiati! Il titolo non si guadagnava più con la semplice azione del rubare, ma bisognava possedere anche altre caratteristiche come per esempio l’essere povero. Infatti, il povero morto di fame che veniva beccato in flagranza di reato restava ladro, mentre l’elegante […]

Cugghjiandri

Macari ccu ra miandula… E’ uno degli ultimi eredi di una tradizione onorevole che ha forgiato centinai di affamati alla conquista del cibo e, quando non di questo, all’esercizio del potere del più forte all’interno del “branco”. Ma, una volta, questo esercizio atavico dei bambini, sotto tutte le latitudini e in tutte le epoche, aveva come premio “U Cugghjiandru”, (il confetto) e il comando del gruppo sulla base delle quantità raccolte. Erano molte di più le braccia predatrici, delle mani elargitrici; Erano poche le donne che si potevano permettere di buttare “cugghjiandri ccù ra miandula” e molte invece quelle che usavano quelle con la pasta, agri riciclando quelli che i figli avevano raccolto alla cerimonia precedente. E, del resto, era proprio la conoscenza della geografia della ricchezza del paese a rendere alcuni ragazzi più scaltri e meno usi all’insuccesso: Sapere in anticipo davanti a quale porta o balcone era conveniente […]